Con il progredire della società e, soprattutto, delle nuove tecnologie che attribuiscono
all’uomo la possibilità di intervenire sull’evolversi dello studio e dell’ambiente, molti
studiosi si sono posti il problema della regolamentazione dello sviluppo degli studi
scientifici sia in fase di ricerca sia in quella di utilizzo.
Nessuna formula o definizione, però, potrà portare a identificare ciò che è giusto o sbagliato
che sia valida per tutti gli individui di ogni tempo e luogo. Spesso le decisioni vengono
assunte più per conformismo a tradizioni culturali e contesti socio – educativi piuttosto che
in base ad una critica riflessione su di esse. Tra queste opportunità si trova quella di indagare
le proprie convinzioni e le proprie personali risposte etiche alla luce di quelle altrui,
assumendo un atteggiamento tollerante in modo da contribuire ad uno scambio di vedute tra
gli essere umani.
Per riflettere sugli interrogativi etici sollevati dal progresso scientifico che ha condotto a
nuove situazioni e a nuovi contesti è nata la bioetica.
Il termine “bioetica” è stato usato per la prima volta nel 1970 dall’oncologo americano Van
Rensselaer Potter, nel suo articolo “Bioerhics. The sciense of survival”, il quale riteneva che
si dovesse creare una nuova disciplina che racchiudesse in sé sia la conoscenza biologica,
sia i valori umani: “ho scelto la radice bio per rappresentare la conoscenza biologica, la
scienza dei sistemi viventi; ed ethics per rappresentare la conoscenza del sistema dei valori
umani” . Potter ha inteso la bioetica come una scienza il cui raggio d’azione sarebbe dovuto
essere l’uomo ma anche ogni suo intervento sulla vita in generale.
L’ambito proprio della bioetica deve far riferimento alle nuove condizioni nelle quali si
verificano il nascere, il morire e il prendersi cura degli esseri umani. La sua natura è
multidisciplinare perché include al suo interno varie materie quali la biologia, la medicina,
la filosofia, il diritto, la religione.
Le problematiche legate alla bioetica sono numerose, infatti le sue tematiche tipiche sono
quelle che riguardano l’aborto, l’accanimento terapeutico, la contraccezione, l’utilizzo delle
cellule staminali, la clonazione, l’eutanasia, l’ingegneria genetica, la procreazione assistita,
la sperimentazione clinica dei farmaci, la sterilizzazione, il suicidio, il trapianto di organi.
Nel corso degli anni la bioetica diventa una vera e propria disciplina ed entra a pieno titolo
nell’ambito della scienza, diversificandosi secondo i valori di chi la sviluppa: si creano due
grandi correnti la bioetica laica rappresentata dalla nozione di qualità della vita come valore
dell’esistenza umana e la bioetica cattolica di matrice religiosa centrata sul concetto di
dignità della persona come valore fondante e quindi sulla sacralità della vita.
BIOETICA LAICA
La bioetica laica pone a suo fondamento la responsabilità umana di prendere decisioni in
merito all’inizio e alla fine della propria esistenza: la cosiddetta “etica della disponibilità
della vita, l’individuo deve essere libero di poter scegliere, in situazioni particolarmente
difficili, secondo le sue considerazioni, le sue credenze.
La bioetica laica non vuole essere antireligiosa ma più semplicemente areligiosa: “essere
laici, quindi non implica affatto né l’agnosticismo né l’ateismo, ma solamente l’esclusione
di premesse metafisiche o religiose che pretendono di valere per tutti” .
In sostanza la laicità indica la dottrina di coloro che non si limitano ad una generica
adesione ai valori dello spirito critico e della tolleranza ma ragionano indipendentemente
dell’ipotesi dell’esistenza di Dio e non credono:
1) né nell’esistenza e conoscibilità di Dio
2) né nella creaturalità dell’uomo e del mondo
3) né in un progetto divino delle cose
4) né in un valore trascendente della persona
5) né nella sacralità della vita e bontà intrinseca della vita
6) né nella sua assoluta inviolabilità e indisponibilità
7) né in una verità che precede o orienta la libertà
8) né in una legge morale naturale
9) né in una legge eterna di Dio
10) né in precetti etici assoluti capaci di fungere da fondamento oggettivo o immutabile dei
nostri comportamenti.
In altri termini come osserva Papa Benedetto XVI “si parla di pensiero laico, di morale
laica, di scienza laica, di politica laica. In effetti alla base della concezione c’è una visione
areligiosa della vita, del pensiero e della morale: una visione, cioè, che trascende la pura
ragione, per una legge morale di valore assoluto, vigente in ogni tempo e situazioni” .
Oggi la bioetica laica è un insieme di diverse visioni ideologiche, comunque anche in mezzo
a queste differenze è possibile individuare alcuni valori che concorrono a definire
l’approccio “laico” alla bioetica e a distinguerli da quelli ispirati dalle religioni. Per i laici il
pluralismo è un valore fondamentale da indicare e da ampliare per la sua conoscenza. Altri
aspetti che accomunano e identificano i criteri del porgersi alla bioetica sono:
- La centralità dell’autonomia e della libertà individuale nelle decisioni che riguardano la vita e la morte nel senso che non devono esistere limiti alla volontà di autodeterminarsi e di automanipolazione;
- Il valore attribuito alla qualità della vita;
- La disponibilità della vita in relazione alle personali convinzioni e quindi piena autonomia decisionale dell’uomo nello scegliere come vivere e come morire rispetto agli ordini sacri o profani precostituiti, e di conseguenza il diritto di accettare o di rifiutare le cure dopo opportune informazioni.
- Il principio della qualità della vita, non sempre la vita è degna di essere vissuta. In determinate situazioni essa deve poter essere modificata o interrotta. Per garantire questo diritto deve essere tutelato il principio di autodeterminazione e di autonomia individuale, nel rispetto degli spazi di scelta altrui, che a sua volta porta ad una scelta liberale.
- Una società può dirsi liberale quando i suoi cittadini hanno la libertà di esercitare la propria autonomia e tutte le posizioni morali sono ritenute degne di uguale rispetto.
- Il principio di autonomia, ogni individuo ha pari dignità e non devono essere autorità superiori ad arrogarsi il diritto di scegliere per lui le questioni che riguardano la sua salute e la sua vita.
- Il principio di equità, cioè garantire ad ogni individuo un eguale accesso alle cure mediche.
- Il principio della separazione della morale dal diritto, dove i principi morali si fondano sull’adesione volontaria da parte degli individui nello sviluppo, soprattutto, nel campo biomedico, il legislatore deve intervenire solo nei casi in cui vi sia una lesione ai danni di altri individui.
- Il principio del diritto alla qualità della vita, rappresentato dallo stato di benessere fisico, psichico e sociale per vivere una vita piacevole, produttiva e ricca di significato.
“Questo principio conferisce ad ognuno di noi il diritto di
definire e ridefinire per sé lo stile di vita che intende perseguire, i valori che intende
condividere insieme al diritto di poter assumere le decisioni che riguardano la propria vita in
modo indipendente e libero da interferenze esterne. In quanto autonoma (e salvo personali
limitazioni, come la giovane età o una malattia mentale), ogni persona ha diritto al rispetto
delle decisioni che assume per governare la propria vita in accordo ai valori che condivide e
alla propria visione del bene. Naturalmente questo diritto trova una limitazione nell’eguale
diritto altrui e quindi è del tutto appropriato, su questa base, porre dei limiti alle azioni che
ognuno di noi può compiere per realizzare il proprio piano di vita. Questi limiti riguardano
le azioni, ma non il diritto all’autodeterminazione in sé considerato: nessuno infatti può
arrogarsi il diritto di decidere al posto mio ciò che è bene per me” .
Concludendo si può affermare che l’impostazione laica parte da alcuni presupposti quale la
difesa del principio di autonomia e del rispetto dell’autodeterminazione dell’individuo
limitato solamente alla possibilità di un eventuale danno ai terzi che implichi una
diseguaglianza tra i cittadini in base al principio secondo il quale la mia libertà deve essere
garantita dagli altri e garantire a sua volta la libertà altrui.
La bioetica laica vede “nel progresso della conoscenza la fonte principale del progresso
dell’umanità, perché è soprattutto dalla conoscenza che deriva la diminuzione della
sofferenza umana.
Ogni limitazione alla ricerca scientifica imposta nel nome dei pregiudizi che questa
potrebbe comportare per l’uomo equivale in realtà a perpetuare sofferenze che potrebbero
essere evitate” .
BIOETICA CATTOLICA
Mentre a fondamento della bioetica laica è la qualità della vita e la libertà dell’individuo, in
quella cattolica è il principio della dignità e della sacralità della vita umana dal
concepimento alla morte naturale.
Questo principio si basa sul fatto che ogni persona è stata voluta da Dio per sé stessa ad
immagine e somiglianza del Dio vivente e santo, rendendo la vita di ogni persona non
disponibile né nella fase iniziale (esempio pratica dell’aborto) o nella fase terminale (con la
sospensione dell’alimentazione e della idratazione artificiale e quindi con l’eutanasia o
“suicidio assistito”).
Secondo la bioetica cattolica la vita è un dono che l’essere umano deve solo gestire con cura
e attenzione, il solo a poterne disporre è Dio: “la vita che Dio offre all’uomo è un dono con
cui Dio partecipa qualcosa di sé alla sua creatura” .
Il principio che l’uomo è stato creato a immagine di Dio è stato chiamato in causa da molti
studiosi per sostenere le posizioni del Magistero della Chiesa Cattolica sulle problematiche
sollevate dall’evolversi della scienza nel campo medico: “Dio, essere personale, dona
all’uomo la dignità di persona: tale dignità è essenziale, riguarda il significato più profondo
della vita umana e quindi non può essere diminuita o annullata da niente e da nessuno. Da
queste premesse deduciamo che neppure malformazioni fisiche e menomazioni psichiche,
per quanto gravi possano essere, sono in grado di affievolire il valore della vita umana, al
punto da farle perdere il diritto che è fondamentale per ogni uomo: il diritto alla vita” .
Il concetto della “inviolabilità” e dell’“immutabilità” della vita porta alcune conseguenze
nell’ambito della biomedicina: il precetto di non uccidere che orienta e regolamenta le
decisioni dei medici, operatori sanitari e familiari che devono affrontare situazioni estreme e
complicate. Un esempio lo si può riscontrare nell’ambito dei problemi sollevati, nell’ambito
dell’opinione pubblica, da aborto ed eutanasia i quali devono sempre essere risolti a favore
della vita: nel caso dell’aborto non è lecito ricorrervi neanche in presenza di grave rischio
della salute della madre o in quello dell’eutanasia non è giustificato né in situazioni di
grande sofferenza né nei casi di una volontaria e consapevole riflessione.
Il diritto di salvaguardare la vita è prioritario rispetto a tutto in quanto entità sacra non a
disposizione dell’uomo.
In sostanza i principi cui si ispirano i documenti del Magistero cattolico che si occupano di
questi temi possono così riassumersi:
- Principio dell’inscindibilità del significato unitivo e procreativo dell’atto coniugale, il dono della vita umana deve realizzarsi nel matrimonio con atti specifici ed esclusivi degli sposi secondo le leggi inscritte nelle loro persone e nella loro unione.
- Principio cui ciò che è tecnicamente possibile non è moralmente ammissibile. Questo principio è particolarmente applicato alla fecondazione assistita, soprattutto nel campo della ricerca non terapeutica dell’embrione.
Secondo l’ordine morale cattolico nessun atto può essere lecito se rappresenta una
manipolazione dell’embrione:
- La fecondazione artificiale eterologa non è conforme alle proprietà oggettive ed inalienabili del matrimonio (il figlio, quale immagine vivente dell’amore dei genitori, può scoprire la sua identità e le sue origini parentali per ricostruire la sua identità personale solo nel matrimonio e soprattutto nella sua indissolubilità).
- La maternità sostitutiva è moralmente inammissibile in quanto contraria agli obblighi di una madre verso il proprio figlio perché offende la sua dignità e il suo diritto ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato dai genitori legati nel matrimonio.
- La sofferenza per la sterilità coniugale, pur rappresentando una sofferenza per gli sposi non poter avere figli, non può essere una giustificazione, infatti la Chiesa chiede di tener presente che il matrimonio, inteso come vita coniugale, non perde di valore nell’ipotesi non vi sia procreazione. In questo caso l’amore può essere donato attraverso l’istituto dell’adozione perché il rapporto che scaturisce fra l’adottato e l’adottante è così forte, intimo e duraturo da non essere inferiore a quello fondato sull’appartenenza biologica.
- Il ricorso all’aborto, la Chiesa lo definisce come “omicidio” che non può essere giustificato in nessun caso e da nessuna ragione, neanche se serve a salvare la vita della donna: la vita è un dono e come tale deve essere difeso.
Ed ancora: “Di fronte alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci sono
privilegi né eccezioni per nessuno. (…) Così le norme morali, e in primo luogo quelle
negative che proibiscono il male, manifestano il loro significato e la loro forza insieme
personale e sociale: proteggendo l’inviolabile dignità personale di ogni uomo, esse servono
alla conservazione stessa del tessuto sociale umano e al suo retto e fecondo sviluppo” .
Il massimo principio morale da rispettare secondo la Chiesa è quello di “non uccidere” che
determina, di conseguenza, la condanna, senza appello, dell’aborto e dell’eutanasia: “la
scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal
punto di vista morale e non può mai essere lecita né come fine né come mezzo per un fine
buono. È, infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante
di essa; contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità. Niente e nessuno può
autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o
adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzate. Nessuno, inoltre, può richiedere questo
gesto omicida per sé stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può
acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo
né permetterlo” .
Le Leggi che non tutelano la vita umana, in qualsiasi momento, devono essere rifiutate e
ostacolate da chiunque: “le leggi che autorizzano o favoriscono l’aborto e l’eutanasia, si
pongono dunque radicalmente non solo contro il bene del singolo, ma anche contro il bene
comune e pertanto sono del tutto prive di autentica validità giuridica. (…) Ne segue che,
quando una legge civile legittima l’aborto o l’eutanasia cessa, per ciò stesso, di essere una
vera legge civile, moralmente obbligante” .
Questi principi della Chiesa e della loro influenza sulle decisioni da parte di legislatori e
politici italiani lo si è visto in occasione dell’approvazione delle leggi sul divorzio e
sull’aborto, sulla procreazione assistita e sull’iter legislativo della proposta di legge
sull’eutanasia.
Secondo la Chiesa la scienza e la tecnica devono rispettare i criteri fondamentali della
morale cioè devono essere al servizio dell’uomo, dei suoi diritti inalienabili ma soprattutto
secondo il progetto e la volontà di Dio.
CONCLUSIONI
La contrapposizione tra bioetica laica della qualità della vita e la bioetica cattolica della
sacralità della vita ha portato ad un contrasto incolmabile tra le due etiche: “la
contrapposizione tra bioetica cattolica e bioetica laica è stata sviluppata, in buona misura
artificiosamente.
E’ una polemica di alcuni centri e studiosi per contrapporre a una visione
aperta e rispettosa delle scelte di tutti – quale sarebbe quella laica -, la visione cattolica
indicata come chiusa e intollerante, inaccettabile in una società pluralistica ed eterogenea
come la nostra.
L’opposizione tra bioetica cattolica e bioetica laica è dunque fuorviante e
fittizia” .
La contrapposizione tra bioetica cattolica e bioetica laica può essere ridotta con una
elaborazione teorica che sia più vicina possibile alle molteplici realtà in cui viviamo, che
tenga conto delle differenze reali che caratterizzano la società e che non si basi solo sulla
volontà di voler imporre dei principi generali da far valere per tutti senza nessuna
distinzione.
Solo un costante e reale confronto tra modelli di valori diversi potrà evitare le prevaricazioni
di alcune correnti ideologiche sulle altre, in questo modo si consente di collocare nella
giusta prospettiva i vari problemi che la scienza e la sanità devono affrontare al loro interno.
Bisogna lasciare più spazio possibile perché un individuo possa svilupparsi secondo le
proprie personali aspirazioni, convinzioni e valori, ma anche con la consapevolezza e la
necessità di porre dei limiti solo nel momento in cui ci sia la possibilità di procurare un
danno ad altri.
Solo con il dialogo si può favorire un atteggiamento che tiene conto delle differenze e che
non si nasconde dietro degli intenti e delle volontà inesistenti, il dialogo “contribuisce alla
realizzazione personale e alla mutua fecondazione fra le tradizioni dell’umanità che non
possono vivere più in stato di isolamento, separate tra loro da muri di diffidenza reciproca” .
L'autore di questo articolo è Nuozzi Lorenzo
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